L'ARRUOLAMENTO NELLA DECIMA
MAS E NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
IO CASTRISTA RIABILITO
LA Xa MAS
Fabio Andriola
Piero Vivarelli da giovane
si arruolò nei reparti del principe Borghese e oggi è l'unico
italiano iscritto al Pc di Cuba. Una vita spesa tra film e canzoni, matrimoni
e un'idea personale del comunismo. Amico di Celentano, Fidel e ora autore
di un sorprendente filmato sulla Decima trasmesso da Raiuno.
Questa intervista poteva andare
in un servizio qualunque del giornale.
La state leggendo nelle pagine
della cultura ma poteva finire tranquillamente altrove, compreso "Stato
d'agitazione". In poco più di settant'anni Piero Vivarelli
ha infatti vissuto l'equivalente di tre o quattro vite di una persona normale:
a 17 anni era a Salò, nella Decima Mas tra i "nuotatori paracadutisti".
Nel 1948, dopo un forzato
soggiorno nelle patrie galere, era diventato comunista. Lo è ancora,
anche se della Rsi non rinnega nulla. Nell'ingresso di casa, appena si
entra, fa bella mostra una sua foto in bianco e nero, in divisa. Furono
pochi mesi di guerra e violenza, ma li ricorda tranquillamente. In quella
foto si piace. Ma c'é dell'altro ovviamente, molto altro.
Ha attraversato questo infinito
dopoguerra zigzagando nel miglior modo possibile: quattro mogli e 14 film
come regista, ha diretto Totò e scritto i testi di canzoni che hanno
fatto la storia della musica italiana come Il tuo bacio è come un
rock e 24 mila baci di Adriano Celentano. E' stato amico intimo di Luigi
Tenco (fu lui l'ultimo a vederlo vivo, a Sanremo, in quella che ricorda
ancora come la "peggiore notte della mia vita") ed ha avuto tra
le braccia, per un paio di settimane, una come Ella Fitzgerald. Louis Armstrong
ha tenuto a battesimo suo figlio. Avrete capito che, fra le altre cose,
ama anche il jazz. Ma è un cuore generoso, c'è posto anche
per altro: ad esempio per Cuba e per Fidel Castro. L'ex marò, che
se deve parlare del principe Borghese lo chiama con rispetto il "Comandante",
con non meno rispetto usa lo stesso aggettivo anche per Fidel mentre quando
lo deve citare, e lo cita spesso, sottolinea sempre che concorda con quanto
detto dal "Presidente Mao". Sogna una Decima Mas Cubana. Ha bazzicato
il gruppo de Il Manifesto, è tra fondatori di Rifondazione Comunista,
è stato amico di Pajetta e altri pezzi grossi del Pci ma il suo
modello di riferimento non è certo quella che era l'Unione Sovietica.
Il suo cuore è a Cuba, ci va almeno un paio di volte l'anno, frequenta
Fidel e suo fratello Raoul, è l'unico italiano ad essere iscritto
al Pc cubano, che, sottolinea, non è un partito di massa ma di élite
in quanto accoglie solo il 3/4 per cento del cubani. E qualche straniero
scelto.
Ma questo signore dinoccolato
e dalla barba bianca, dai passi piccoli e dalla lingua svelta, che beve
(c'era da dirlo?) rum made in Cuba , fuma sigari Avana, ha conosciuto anche
dispiaceri forti. Un padre e un figlio, ad esempio, che se ne sono andati
troppo presto: il padre, ufficiale della Milizia fascista, gliel'hanno
portato via i partigiani jugoslavi nel 1942, il figlio invece se l'è
preso la droga, un anno fa.
Ma i dispiaceri se li tiene
per sé: questo avvio di 1998 lo vede sulla breccia: giovedì
22 gennaio ha difeso a spada tratta la sua Cuba a Moby Dick, su Italia
Uno. Ventiquattro ore più tardi ha dato il via ad una nuova stagione
di polemiche con la messa in onda del suo documentario sulla Decima, che
a sinistra è sembrato un po' troppo indulgente. E forse anche a
qualche dirigente Rai. Il documentario era pronto infatti da quattro anni.
Per raccontarsi ha pensato
bene di scrivere un libro, anzi due. Così ci sta più largo.
Il primo uscirà entro l'anno e si intitola Più buio che a
mezzanotte non viene (motto del battaglione Nuotatori Paracadutisti) mentre
il secondo è ancora in embrione ma il titolo è tutto un programma:
La mia vita è come un rock.
Le domande potrebbero partire
da qualsiasi argomento. Tanto vale far scegliere a lui: "Dopo vari
film musicali (tra cui il primo e unico film su Sanremo) feci un film sul
muro di Berlino, una fiction, che era un film contro il Muro di Berlino
perché continuo a pensare che bisognava essere contro il muro quando
è stato costruito non dopo che è stato abbattuto. Sono d'accordo
con la Rossanda: trovo l'abbattimento del muro una cosa disgustosa così
come, pur appartenendo ancora all'area comunista, la costruzione del muro
perché era una cosa senza senso". Capito il tipo?
Ma quando avvenne la "conversione"?
Nel 1948, ero uscito dal carcere.
Nel frattempo si era formato il Movimento Sociale Italiano e io divenni
un dirigente universitario a Milano, penso l'unico che avevano. Ma all'università
ripresi anche i rapporti con alcuni studenti di sinistra che già
durante la guerra civile mi avevano proposto di passare alla Resistenza.
Allora dissi di no. Invece nel '48, decisi che mi sarei presentato alle
elezioni universitarie con le liste del Fronte della Gioventù che
allora non era il nome di una organizzazione giovanile missina ma era formato
da social-comunisti. All'epoca già a Roma c'erano stati numerosi
passaggi da destra a sinistra grazie al Pensiero Nazionale di Stanis Ruinas.
Pensavo che Almirante mi avrebbe espulso dal Msi e che quindi avremmo potuto
montare un caso. Invece Almirante, che forse era più paraculo, disse:
”E' una scelta personale, io invito a non votarlo ma sono affari suoi".
E io fui costretto a dimettermi".
Vivarelli si dimise da missino
ma non da marò della Decima, tanto è vero che nel 1950, subito
dopo essersi sposato, portò sua moglie in visita al Comandante:
"Per me era una cosa logica".
Borghese all'epoca sembrava
avere una posizione critica nei confronti del Msi, non dimenticavadi essere
stato arrestato da Mussolini. Poi però accettò di divenire
presidente onorario del Msi. La cosa non andò giù a Vivarelli
che ruppe da quel giorno i rapporti col suo Comandante. Da come ne parla
deve essere stato come divorziare e, del resto, prima di trovarsi un altro
"Comandante" ha dovuto attendere che si facesse largo un certo
Fidel Castro.
Durante la militanza comunista
quanto hanno pesato i trascorsi fascisti?
”Non hanno pesato, né
nessuno mai ha negato i propri precedenti. Del resto c'era stata l'amnistia
Togliatti. Quello che dice oggi Violante, Togliatti l'aveva già
detto nel 1947, aveva compreso e spiegato il perché ci aveva accettato.
Togliatti non solo fa l'amnistia per tutti quelli che non si erano macchiati
di reati di sangue (evidentemente ce n'erano stati pochi perché
sono usciti tutti) ma aprì le porte del Pci ai giovani. Anche se
erano stati fascisti.”
In molti della Decima siete
andati a sinistra ma i rapporti sono rimasti buoni anche con chi ha fatto
scelte diverse. Insomma, voi della Decima sembrate una comunità
umana fortissima...
”All'interno del Pci il nutrito
gruppo della Decima, anche se all'inizio fra noi non ci conoscevamo, è
rimasto abbastanza unito. Il mio amico Giampaolo Testa diceva che eravamo
la "P2" del Pci. Ma forse eravamo anche i più bravi. E
poi non siamo dei vinti, noi della Decima. Per il semplice motivo che nessuno
di noi è andato al nord pensando ad una vittoria. Sapevamo tutti
come sarebbe andata a finire.
Non era questione di vincere
ma un discorso di dignità, di onore personale che ancora oggi io
rivendico. Quando, dopo l'8 settembre, la Marina si è consegnata
agli alleati ha fatto qualcosa che mi ha offeso come italiano. E continuo
a sentirmi offeso anche oggi, anche se non sono un uomo di destra. In realtà,
grazie anche al Partito comunista cubano e a Fidel ho recuperato l'idea
di patria che avevo un po' dimenticato.”
Lo spirito della Rsi con la
sua forte caratterizzazione anticapitalista ha in qualche maniera influito
sulle tue scelte successive?
“Su questo non c'è
dubbio. Inoltre una ventata di libertà, sia pure attraverso una
forma di militarismo, la Decima, che era un reparto molto democratico,
l'ha offerta.”
Dal Duce al Lider Maximo,
che giudizi dài dei personaggi che hanno segnato la tua vita?”
“Di Mussolini il giudizio,
politicamente, è peggio che negativo. Da un punto di vista dell'onestà
personale non esiste ombra di dubbio. Sono stato amico della famiglia ed
era gente se non povera, quasi. Insomma un uomo onesto che ha sbagliato
tutto.
Borghese? Diede l'impronta
alla Decima. Un grande uomo d'arme e un coglione politicamente. Idiozia
che poi è servita a tutti, basta guardare la storia del Golpe Borghese,
una cosa a cui non credo assolutamente. Fidel Castro? E un vero comunista,
non in senso marxiano ma in senso gramsciano. Per lui ho stima e ammirazione.
Credo lo sforzo del Comandante adesso sia quello di preparare il "dopo".
E gli artisti? Celentano,
Tenco?
“Con Celentano i rapporti
sono stati a volte conflittuali a volte no. La prima litigata con Adriano
è stata quando voleva che io facessi parte del Clan, questa compagnia
di amici e collaboratori che viveva e si muoveva sempre insieme. E vero
che è il re degli ignoranti perché ignorante come lui non
c'è nessuno ma è anche dotato di una sensibilità superiore.
E' il re delle contraddizioni.”
Artisticamente ha ancora qualcosa
da dire?
“Credo che sia ancora il migliore,
lui e Jovanotti.”
E Tenco?
“Un ottimo autore. Eravamo
molto amici. In un certo senso sono stato il suo ideologo. Era uno estremamente
sensibile, col terrore del pubblico, era assolutamente incapace di affrontarlo.
Era un insoddisfatto totale ma anche molto innamorato di Dalida e quella
sera a Sanremo quando si suicidò la tragedia nacque da una mescolanza
terribile pasticche e calvados. Le tesi complottistiche? Sono fantasie.
Ho fatto l’impossibile per farmi querelare da quel commissario Molinari
che insiste a raccontare balle.”
L'ultima domanda è
quasi d’obbligo: dalla gioventù e dalla guerra sino ad oggi, hai
compiuto molte scelte. Col senno di poi ti sei pentito di qualcosa?
“No, non credo. Era tutto
nella logica delle cose. Compresa la Decima.”
LO STATO N. 5. 3 Febbraio 1998.